mercoledì 5 novembre 2008

UNA LETTERA DI GINO RAYA

Il Maestro proibito, alias prof. Gino Raya, segna uno dei suoi titoli di merito nella pubblicazione di lettere più o meno illustri: applicazione pratica di un radicato convincimento, che la conoscenza della produzione epistolare di un autore aiuti a meglio valutarne il corpus letterario alla luce del corpo (giusta i dettami della sua critica fisiologica). Detto altrimenti, e insomma nel linguaggio corrente, si tratta di relazionare temperamento e carattere dell’autore con la sua attività culturale (letteraria, filosofica, eccetera), in un gioco di rinvii fra corpus e corpo, fra scrittura e test epistolare. Si presuppone che nelle lettere l’autore si confessi meglio che nell’opera, riveli casi episodi dettagli biografici destinati a restare nascosti dietro le vetrine-maschere della produzione pubblica. L’epistolaro più largamente (e con maggiore attenzione critica) èdito dal Raya rimane quello del grande Verga (credo di non sbagliare se calcolo intorno all’80-85 % le lettere di Verga rese pubbliche dal Critico mineolo). Capita pure che un autore impegni il suo talento letterario in qualche lettera di maggiore interesse, magari in riferimento al peso culturale del destinatario.
Niente di più ovvio, dunque, che si tenti di applicare allo stesso Raya il suo “metodo”, pubblicando, di quando in quando, qualche sua lettera diretta al sottoscritto. Scelta, peraltro, non facile, data la mole dell’indotto epistolare sviluppatosi in un arco quasi trentennale di frequentazione collaborativa. Ma ecco la prima esemplificazione dell’impegno: una lettera densa, concreta e schietta (con spizzichi di arguzia), secondo lo stile letterario ed esistenziale del mittente.

Roma, 1-6-1980, ore 1980
Caro Don Pasquale, ti preparo il pacchettino nella speranzella di rifilarlo a Sessa, che verrà a votare. Io non voto, e oggi – con questa pioggia insistente, e rigurgiti invernali, e la melanconia di entrare nel mese del mio compleanno (o completo-anni?) – voterei, se mai, in maniera ch’è meglio tacere. Anche per non aumentare il peso a Sessa, sottraggo dal pacco di 20 “B.C”. quelle copie che posso sostituire col presente vol. più lettera. L’autrice mi fece una gran corte quando si stampava il libro; di qui la citazioine di noi due. Se credi di recensirlo, sii breve ed arguto.
Ho ricevuto la tua del 5 maggio e – da parte dell’ Eco d. stampa – i tuoi artt. su Stendhal e Abelardo; perciò ti restituisco lo Stendhal che tu, giustamente, desideri. Del Licciardello disegnatore non avevo idea né sospetto, e ne sono rimasto ammirato e sbalordito: lo Stendhal è magnifico. Il fatto che tu, poi, abbia accentuato l’incapacità “di impegni duraturi” e il “dilettantismo” di lui, ha certo dell’autoritratto, ma è sperabile che slitti nell’autocritica, la quale – nei limiti della genetica – potrebbe sempre sortire qualche effetto. Un segno di questo sarà (se sarà) il non incazzarti se io trovo ottimo un art. da giornale e non più ottimo lo stesso art. se destinato a una rivista (relativamente) . Altro segno, se m’inibirai ancora la lettura dei tuoi mss, vietando in anticipo ogni suggerimento.
L’ind .del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) è 4993 – Roma, piazzale Aldo Moro 7, ed è più indicato per chiedere sussidi documentando il ms prima della stampa. La Presid. del Cons. dei Ministri (a cui io non mi sono mai rivolto) premia, invece, i voll. già stampati, tra i quali una incredibile zavorra, certo per criteri troppo clientelari e arruffoni. Fa molto, costà, un certo Italo Borzi, di cui non so altro.
Ora, chiuso il pacco, lavorerò (sino alle 20, telegiornale; poi cena, per così dire, poi riposo; poi lavoro dalle 22,30 sino alle 24,45: così da qualche tempo) ad una biografia del Verga, cui sto dedicando un capitolo per ciascun anno della sua vita… Ne dovrebbero venir fuori oltre, ma proprio oltre, 1000 pagine, o le frazioni di quelle che l’autore ecc. Tante affettuosità a te e ai tuoi
Gino Raya

Poche postille chiarificatrici. Inutili, dove le parole abbreviate sono di ovvia integrazione-interpretazione, tipo: art. per articolo, voll, per volumi, ms/s. per manoscritto/i, e via. “B.C.” sta per Biologia Culturale, nome della rivista trimestrale, che Raya pubblicò per un decennio (1956-66) col nome di Narrativa e con l’altro (coerente con l’evoluzione del suo pensiero) fino alla morte (2 dic. 1987). Sessa è un comune amico e collega, cui Raya, quando capitava l’occasione, affidava, con maggior fiducia che alle patrie Poste, la trasmissione di “materiale pesante” a chi scrive. L’autrice cui si accenna è, quasi certamente, la prof. Maria Racioppi, poetessa e scrittrice. I miei due articoli ricordati apparvero sulla terza pagina del quotidiano catanese, La Sicilia, cui collaboravo dal 1974 (prevalentemente come operatore culturale, ma anche con pezzi di costume e critica sociale. Naturalmente, sia detto en passant, i testi stridenti con la vocazione catto-moderata del giornale venivano tacitamente “archiviati”). I disegni cui Raya accenna “ammirato e sbalordito” (aggettivazione rara, in quello stitico elogiatore!) sono i ritratti a penna dello scrittore Stendhal e del filosofo Abelardo: erano i primi che accompagnassero i miei “servizi speciali” della terza pagina (di solito, sei colonne per l’intera altezza). La mia discreta attitudine figurativa (feconda di esiti operativi nell’infanzia-adolescenza), delusa dalla totalizzante scelta “scritturale”, decise, un bel momento, di consolarsi disegnando, a volte, gli autori trattati nei miei “servizi”. Nel rilievo che io accordo alla “pigrizia” di Stendhal verso gli impegni di lungo corso e al suo “dilettantismo” Raya vede un tratto di indiretta confessione autobiografica, alludendo a certa mia incapacità (e un po’ anche allo scarso seguito che io davo ai suoi inviti a scrivere volumetti tipo i suoi L’arte come danza, e simili). E si/mi augura che io mi sforzi di guarire, almeno un poco, da quella tara (“nei limiti della genetica”; che però non perdona!). La biografia verghiana venne pubblicata a puntate su B. C. finché Raya visse, fu edita in volume, dopo la sua morte, dall’editrice Herder, a cura del comune amico e insigne latinista Antonio Mazzarino (Gino Raya, Vita di Giovanni Verga, Roma, 1990, pp.722).

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